Selvaggia Lucarelli dopo il caso Greta: “La condanna mi rende felice”

Pubblicato da Redazione

Nelle parole di Selvaggia Lucarelli, dopo la condanna contro l’uomo che ha molestato Greta Beccaglia, il pensiero di migliaia di donne vittime allo stesso modo

E’ un risarcimento per tutte le donne che in qualche modo, sono state molestate e si sono sentite sporche senza che ne avessero colpa. E’ lungo e articolato il pensiero di Selvaggia Lucarelli dopo che, l’uom che ha palpeggiato la giornalista Greta Beccaglia fuori dallo stadio, ha ricevuto la sua condanna. La giornalista ricorda anche di un evento accaduto nella sua giovinezza, erano anni molto diversi da quelli che viviamo oggi e una palpatina, mai sarebbe stata etichettata come una violenza sessuale. Oggi finalmente le cose sono cambiate, oggi arrivano anche le condanne che possono essere d’esempio. Perchè forse, dopo quello che è successo alla Beccaglia, gli uomini intenzionati a palpare il lato b a una donna, ci penseranno due volte, sapendo di pote incorrere in una condanna severa.

Il post di Selvaggia Lucarelli sui social

L’uomo che toccó il sedere a Greta Beccaglia è stato condannato a 1 anno e 6 mesi, pena sospesa e obbligo di un percorso di recupero. La condanna è esemplare e importante, perché vi garantisco che il tema della violenza sulle donne è ancora materia sconosciuta per molti giudici, che tendono a liquidare come cosette anche il linguaggio sessista e discriminatorio. Tra l’altro, mentre leggevo di questa condanna e le polemiche su quanto severa sia stata per una palpatina sul culo, ho avuto un flash incredibile. Un flash che spiega bene quanto questi comportamenti fossero prassi fino a poco tempo fa e quanto sia importante non retrocedere mai. Non so se le “ragazze” della mia generazione che andavano in discoteca hanno questi ricordi, ma mi è venuto in mente questo episodio: avevo 18 anni e andai per la prima volta al Pascià, a Riccione. Le persone che mi portarono (tutti maschi) mi avvisarono: “Guarda che quando la pista si riempie molti uomini ti toccheranno il culo”. “In che senso?”. “Nel senso che si sa, lì va così”. Insomma, era una specie di “rituale” a cui da donna bisognava sottostare. In effetti andó così. Mi ricordo il trauma di camminare in mezzo alla gente schiacciata l’una addosso all’altra e di sentire ogni tanto una mano che mi stringeva il sedere, e poi io che mi giravo e cercavo di capire chi fosse l’animale dalla faccia. E non succedeva mille anni fa. Quesì ragazzi lì sono i padri, gli amici, i mariti, i colleghi, i tifosi di oggi. Ecco, per questo la condanna mi rende felice: è come se in qualche modo fossi risarcita pure io da quelle mani luride che toccavano il sedere a una ragazzina che voleva solo ballare in discoteca. Brava Greta. 

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