Non era per nulla invisibili, almeno per i clienti che raggiungevano la palazzina nel quartiere Prati di Roma, dopo aver preso appuntamento in un’app o per telefono. Ma erano invisibili per le persone che in quello stabile ci abitavano. Delle due ragazze cinesi uccise barbaramente, i condomini raccontano di non averle mai viste; sapevano quello che succedeva nel loro appartamento ma non facevano male a nessuno. I clienti non avevano mai dato fastidio, le due ragazze erano silenziose. Non c’era motivo per lamentarsi. Una vita che scorreva tra un appuntamento e l’altro, quelle delle due ragazze cinesi di cui oggi, neppure le forze dell’ordine, conosce i nomi. Non ci sono documenti, non c’è nessuno che reclama quei corpi. Schiave in un mondo che tanto si vanta di essere moderno e inclusivo ma che ancora, condanna le donne a essere serve per chi guadagna, svendendo i loro corpi. Sono due fantasmi, ma i loro corpi sono lì, in un obitorio freddo. Erano lì le ragazze, sotto i colpi dell’uomo che le ha barbaramente uccise. E forse chissà, molto lontano da Roma, molto lontano da tutto questo, ci sono anche due famiglie che aspettano una telefonata che non arriverà mai. Nel silenzio di chi sa, di chi conosceva quelle due ragazze ma che nn si fa avanti.
Senza nome, senza identità
Le due escort cinesi uccise a coltellate giovedì mattina in via Augusto Riboty 28, nel quartiere Della Vittoria di Roma che nella capitale chiamano per estensione Prati, non avevano documenti. E, a ieri sera, non avevano ancora ufficialmente un nome se non quello d’arte. Solo qualche dettaglio generico: più grande una, la presunta maitresse, 45 anni circa, più giovane l’altra, più o meno 25 anni, una delle ragazze che a rapida rotazione lavoravano lì. Gli investigatori potrebbero arrivare nelle prossime ore a dare un nome e una identità a queste due ragazze. Per la loro dignità, per le famiglie che meritano di conoscere la verità, per quanto drammaticamente dolorosa.
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